Questa sezione è pensata per offrire supporto ai venditori nella gestione delle trattative di compravendita.
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No, non è vero che oggi sia impossibile vendere un’attività. È vero invece che il mercato è cambiato: la vendita di un’azienda richiede oggi più attenzione, preparazione e consapevolezza rispetto al passato. Gli acquirenti sono giustamente più cauti e informati, anche a causa del grande numero di attività in vendita e delle notizie economiche spesso poco incoraggianti che circolano. Questo clima può generare incertezza e spingere a valutazioni più prudenti.
Ma non bisogna vedere tutto questo come un ostacolo, bensì come un’opportunità per distinguersi. Oggi più che mai gli acquirenti cercano valore reale: attività con fondamenta solide, potenziale inespresso e prospettive concrete di crescita. Chi vende ha quindi l’occasione di valorizzare ciò che la propria azienda ha costruito e mostrare chiaramente quali vantaggi può offrire a chi decide di investire.
Esistono moltissime realtà di successo e tante altre con margini di miglioramento che possono attrarre acquirenti ambiziosi e motivati. La chiave sta nel trovare il giusto interlocutore – e sebbene oggi questo richieda più tempo e una strategia mirata, non è affatto impossibile.
Ecco perché consigliamo di iniziare il processo di vendita con largo anticipo, anche in forma riservata, per avere il tempo di selezionare l’interessato più adatto e impostare la trattativa in modo vantaggioso. Vendere bene oggi significa prepararsi bene, raccontare la propria impresa nel modo giusto e incontrare chi vede in essa un’opportunità concreta per il futuro.
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Chi acquista un’azienda può essere chiamato a rispondere dei debiti dell’attività, fino a concorrenza del prezzo di vendita, ma solo se tali debiti risultano dalle scritture contabili obbligatorie.
Proprio per questo motivo, l’acquirente difficilmente si accontenterà di una semplice dichiarazione scritta in atto notarile, in cui ti impegni a saldare eventuali passività. È molto probabile che, nel corso della trattativa, ti venga richiesto lo stato patrimoniale aggiornato, oltre a certificazioni di regolarità fiscale e contributiva.
Inoltre, devi considerare che in alcuni casi l’acquirente può essere ritenuto responsabile anche in assenza di uno stato patrimoniale, qualora un creditore dimostri che era consapevole della situazione debitoria.
Il mio consiglio è di essere trasparente e corretto sin dall’inizio, ma al tempo stesso di condividere queste informazioni solo quando hai percepito un reale interesse da parte dell’acquirente.
La presenza di situazioni debitorie non blocca necessariamente una vendita, ma va gestita con attenzione, anche per tutelare te stesso. Per questo, il supporto del tuo commercialista sarà davvero fondamentale in questa fase.
La legge 392/78 sui contratti di locazione commerciali ti darà un’idea più chiara e completa di quanto detto.
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Il problema dell’accesso al credito per acquistare un’azienda è più comune di quanto si pensi. Tuttavia, è fondamentale che l’acquirente comprenda le motivazioni per cui la banca ha negato il finanziamento. Gli istituti di credito valutano queste operazioni secondo criteri ben definiti, in particolare: la sostenibilità dell’investimento e la capacità di rimborso del prestito.
Il primo passo è capire come sono stati letti i bilanci della tua azienda, ammesso che siano stati effettivamente forniti alla banca. Se l’analisi si è basata esclusivamente sull’utile contabile, è probabile che sia questo il nodo principale. L’utile, infatti, può essere influenzato da componenti straordinarie o da voci cosiddette ‘impure’, che tendono a ridurre il reddito imponibile e non sempre restituiscono un’immagine fedele della redditività aziendale. Un’analisi corretta dovrebbe invece partire da una ‘riclassificazione’ dei bilanci, depurando queste voci per evidenziare il reale potenziale economico dell’attività.
Va poi considerato che, oltre un certo importo, la banca può richiedere garanzie personali. Non sempre l’acquirente è in grado – o disposto – a fornirle, e questo può rappresentare un ulteriore ostacolo all’ottenimento del credito.
Il nostro consiglio è che l’acquirente si faccia affiancare da un professionista esperto in operazioni di finanziamento aziendale. Questa figura, grazie alla sua esperienza e competenza, può orientare la richiesta in modo più efficace e aumentare concretamente le possibilità di ottenere una risposta positiva.
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È una domanda molto comune e importante. Al netto di eventuali costi di mediazione o consulenza, la vendita dell’azienda in sé non comporta spese dirette per il venditore, ad eccezione del costo di registrazione del contratto preliminare, che è obbligatoria per legge e viene solitamente suddivisa in parti uguali tra acquirente e venditore.
Tuttavia, è fondamentale sapere che l’eventuale plusvalenza ottenuta dalla vendita confluirà nel reddito complessivo dell’anno in cui viene realizzata. Questo significa che, l’anno successivo, tale importo sarà soggetto alla tassazione prevista per le persone fisiche o per le imprese, a seconda della struttura giuridica dell’azienda.
La base di calcolo per le imposte sarà il prezzo dichiarato nell’atto notarile. Per questo motivo è fortemente consigliata un’analisi preventiva della situazione contabile e fiscale della tua azienda, in modo da valutare con precisione l’effettiva disponibilità netta post-vendita. Questo è essenziale per evitare che il ricavato, al netto delle imposte, non sia sufficiente a coprire eventuali debiti ancora in essere.
Infine, tieni presente anche un aspetto personale: è importante pianificare in anticipo il periodo successivo alla cessione, assicurandoti di avere risorse economiche adeguate per mantenere il tuo stile di vita fino all’avvio di una nuova attività o soluzione lavorativa.
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L’affitto d’azienda è una formula molto interessante che consente alla parte acquirente (affittuaria) di iniziare a gestire un’attività senza acquistarla subito, corrispondendo un canone periodico – solitamente mensile – al proprietario (affittante), che mantiene la titolarità dell’azienda.
Attenzione però: si tratta di un contratto ben diverso dal classico affitto immobiliare. Qui non si affitta un locale, ma l’intera azienda!
Questo tipo di contratto richiede la forma scritta e viene formalizzato tramite atto notarile, per garantire trasparenza e tutela per entrambe le parti.
Ogni contratto d’affitto d’azienda può essere costruito su misura, in base alla specificità dell’attività e agli accordi tra le parti. Proprio per questo motivo è fondamentale farsi assistere da un professionista esperto, capace di anticipare eventuali criticità e di impostare correttamente clausole chiave come la durata, le garanzie (come fideiussioni), le responsabilità gestionali e le condizioni per l’eventuale riscatto o cessione futura.
Spesso queste clausole fanno la differenza tra un’esperienza positiva e una fonte di problemi. È bene quindi non improvvisare: un buon contratto tutela sia chi cede temporaneamente l’azienda, sia chi la prende in gestione con l’obiettivo, magari, di acquistarla in un secondo momento.
In sintesi: l’affitto d’azienda può essere una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti, ma solo se affrontato con la giusta preparazione e con il supporto di chi conosce bene questo tipo di operazioni.
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Di norma, le spese per la redazione e la registrazione del contratto di affitto d’azienda sono a carico della parte affittuaria, cioè di chi prende in gestione l’attività. Tuttavia, trattandosi di un accordo tra privati, nulla vieta che le parti stabiliscano diversamente: le condizioni possono essere concordate liberamente e riportate nel contratto.
Per questo è sempre consigliabile definire fin da subito, in modo chiaro, chi sosterrà questi costi, così da evitare equivoci o incomprensioni nella fase di formalizzazione.
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Con ogni probabilità, l’acquirente si riferisce alla cosiddetta una tantum, spesso erroneamente definita “tassa novennale”. Si tratta di un’imposta obbligatoria imposta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) agli esercenti di rivendite di generi di monopolio.
Questa imposta si applica in due fasi distinte:
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Al momento del subentro (acquisto dell’attività): l’importo è pari al 50% degli aggi complessivi di tabacchi e gioco del lotto riferiti all’anno precedente.
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Successivamente, ogni nove anni: viene richiesto un versamento pari al 10% degli aggi dell’anno precedente. Proprio da questa scadenza periodica deriva la comune, ma impropria, denominazione di “tassa novennale”.
Per le licenze speciali (come quelle presenti in stazioni ferroviarie, aree di servizio, ecc.), l’ammontare dell’imposta è determinato da una Commissione apposita presso la Direzione Generale dell’ADM. Nella prassi, tale importo viene spesso fissato intorno al 20% degli aggi dell’anno precedente. Anche per il rinnovo novennale, sarà la stessa Commissione a stabilire la percentuale da applicare.
È inoltre prevista la possibilità di rateizzare l’importo in 12 rate mensili senza interessi, rendendo quindi più agevole l’adempimento per l’acquirente.
Tradizionalmente, la tassa di subentro è a carico dell’acquirente. Tuttavia, nulla vieta che le parti, nell’ambito di una trattativa privata, possano accordarsi diversamente. In alcuni casi, il venditore può scegliere di farsene carico, ad esempio riducendo il prezzo di vendita dell’attività. È bene precisare che questa ipotesi è piuttosto rara e, nella nostra esperienza, mai affrontata.
Prima di definire qualsiasi accordo economico, è fortemente consigliato confrontarsi con il proprio commercialista. Solo un professionista di fiducia potrà valutare attentamente le conseguenze fiscali derivanti da un’eventuale riduzione del prezzo di vendita, anche alla luce di possibili verifiche tramite studi di settore o delle dinamiche relative alla tassazione dell’importo percepito. In pratica, è essenziale considerare non solo il valore di vendita nominale, ma soprattutto l’effettivo guadagno netto che rimarrà dopo l’applicazione delle imposte sul reddito.
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Le rivendite di generi di monopolio, come le tabaccherie, non possono essere intestate o gestite da società, ma esclusivamente da persone fisiche titolari di ditta individuale. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), salvo eventuali aggiornamenti normativi a noi non noti, non consente la titolarità o la gestione della rivendita a soggetti giuridici diversi dalla persona fisica.
È quindi fondamentale che, qualora l’acquirente intenda procedere attraverso una società, si valuti un’alternativa, come ad esempio la nomina di un socio o collaboratore quale conduttore effettivo della rivendita, nel rispetto delle normative vigenti.
Il nostro consiglio è di rivolgersi direttamente all’Ufficio Territoriale competente dell’ADM, nella zona in cui è situata la tabaccheria, per ricevere conferma aggiornata delle disposizioni attualmente in vigore e per evitare qualsiasi errore procedurale.
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Sì, è possibile vendere soltanto l’attività commerciale e mantenere la titolarità della tabaccheria per trasferirla in un altro locale.
Tuttavia, è importante precisare che la tabaccheria non è di proprietà, ma viene concessa in gestione dai Monopoli di Stato sotto forma di rivendita con validità di 9 anni. Questa concessione è strettamente legata alla sua attuale ubicazione.
Per questo motivo, prima di procedere alla vendita dell’attività commerciale, ti consigliamo di contattare i Monopoli di Stato per presentare formalmente la richiesta di trasferimento della rivendita. Solo dopo aver ottenuto il nulla osta al trasferimento potrai finalizzare la cessione dell’attività commerciale, evitando così il rischio che il trasferimento venga respinto e che la tabaccheria non possa più essere operativa nel nuovo locale.
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La riserva di proprietà è uno strumento che, in caso di vendita di un’azienda a rate, consente al venditore di riottenere il possesso del bene qualora l’acquirente non rispetti i pagamenti. Tuttavia, nel caso specifico delle tabaccherie, la situazione è molto più delicata: una volta che l’Agenzia dei Monopoli ha volturato la concessione al nuovo titolare, quest’ultimo mantiene la titolarità della rivendita anche se non dovesse onorare il pagamento delle rate.
Di fatto, la riserva di proprietà potrà forse consentirti di recuperare l’attività commerciale in sé (come per esempio gli arredi ecc.), ma senza la concessione per la rivendita dei tabacchi, il valore dell’azienda si riduce notevolmente.
Per tutelarti in modo più efficace, ti consigliamo di richiedere ulteriori garanzie, come ad esempio una fideiussione bancaria a prima richiesta. Ti suggeriamo inoltre di confrontarti con il tuo commercialista o avvocato di fiducia. Considerata la particolarità del settore, potrebbe essere utile anche un confronto diretto con l’Agenzia dei Monopoli o con un sindacato di categoria dei tabaccai.
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